giovedì 8 febbraio 2024

L'arcivescovo di Gorizia: «L'odio tra le comunità? Non è inevitabile»

@La cultura a cavallo di un confine ha avviato cammini di pace e riconciliazione. E lo ha superato grazie al dialogo tenuto vivo anche dalle chiese con valori condivisi che hanno portato all’unità nell’Unione europea. L’8 febbraio 2025 quella cultura che ha superato i confini unendo due città divise da un muro le rende capitali europee per un anno. Può essere l’occasione per aiutare a risolvere i conflitti attuali e la questione dell’immigrazione.

L'arcivescovo di Gorizia: «L'odio tra le comunità? Non è inevitabile»© Fornito da Avvenire

È il messaggio, ripreso dalla Marcia della pace dello scorso 31 dicembre, che la chiesa di Gorizia lancia a un anno esatto dall’avvio di “Go!2025”, che vedrà per la prima volta insieme per 12 mesi come capitali europee della cultura due città confinanti , le gemelle Gorizia e Nova Goriça, appartenenti a due paesi diversi, e lacerate fino a 20 anni fa. Uno spirito di unità che nasce anche dal cammino percorso nei faticosi decenni del secolo scorso dalle comunità ecclesiali e di cui parliamo con l’arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente di Caritas italiana.
È il riconoscimento a un territorio che ha vissuto tra la Prima e la Seconda guerra mondiale divisioni e lacerazioni. Ha avuto una storia complessa che ha lasciato e strascichi dolorosi e faticosi. E che negli ultimi decenni soprattutto ha avviato un cammino di riconciliazione che ha permesso ora di avere il titolo condiviso di capitale europea della cultura, con un serie di eventi importanti che partiranno esattamente tra un anno.

Ma come è stato possibile il riavvicinamento tra due comunità, a un certo punto divise dalla politica della Guerra fredda e fisicamente anche da muri e filo spinato?

Perché la divisione non è stata così radicale. A Gorizia molte famiglia italiane infatti sono “miste”, hanno un componente di lingua e cultura slovena e viceversa. Da secoli c’era un confronto e un dialogo tra esponenti delle diverse culture. Purtroppo le due guerre hanno rotto questo aspetto, ma il legame è stato resiliente nonostante i tentativi di reciderlo.

Quali ad esempio?
Nelle case edificate nella parte di Nova Goriça costruita dopo la seconda guerra mondiale furono inviate persone provenienti da altre regioni della Jugoslavia per rendere più difficile l’accordo. Poi è stato compiuto ugualmente un cammino di riconciliazione per merito anche delle due comunità ecclesiali e l’impegno dei sindaci negli anni 70 e 80 che continuavano a incontrarsi nonostante la divisione. Importanti anche i lavori successivi degli storici nel ricostruire una memoria non sempre condivisa, ma più oggettiva e accolta da entrambe le parti.

Prima la marcia della pace organizzata da Pax Christi, Caritas italiana e dall’arcidiocesi il 31 dicembre 2023, poi tra un anno esatto l’avvio dell’anno come capitali europee della cultura. Che messaggio si vuole lanciare?

Il fatto che la marcia della pace dell’ultimo dell’anno sia stata transfrontaliera e si sia conclusa nella concattedrale di Nova Goriça dopo aver percorso i luoghi simbolo delle due guerre è un unicum che intendiamo ribadire. Nel 2025 la nostra diocesi e quella di Capodistria, da cui dipende Nova Goriça e con la quale abbiamo un’ottima collaborazione, tenteranno di far sì che questo evento non sia solo una manifestazione culturale e turistica con tanti eventi molto interessanti. Non ci si dimentichi che siamo a cavallo di un confine, su una terra segnata da fatiche e difficoltà che può essere un segno di pace. Come chiesa insisteremo con diverse iniziative per dare un segnale forte. Le due diocesi hanno fatto approvare ad esempio il bando per un cammino da Aquileia e al Santuario sloveno di Seta Gora, Monte Santo perun discorso di pace.

Che ruolo ha avuto la fede cristiana nell’unire le due comunità?
Ha aiutato molto perché la diocesi di Gorizia è addirittura trilingue. La fede comune ha aiutato percorsi anche eroici di perdono e riconciliazione.Storie come quella di un sacerdote ormai defunto di lingua slovena fuggito da questa parte a alla cui famiglia i partigiani titini avevano inferto lutti e violenze. Sua mamma gli disse che gli avrebbe dato il permesso di diventare prete solo se avesse perdonato. E c’è ancora l’associazione “Concordia et pax” il cui presidente è figlio di un italiano infoibato che ha tento di ricordare i caduti da ambo le parti avviando percorsi di riconciliazione.

Gorizia è definita da San Giovanni Paolo II porta d’Europa per chi proviene dai Balcani. E nella stessa piazza Transalpina (Piazza Europa per gli sloveni) una pietra ricorda che lì iniziano idealmente l’occidente latino e l’oriente slavo. Lancerete un messaggio sull’immigrazione?

Si, di accoglienza e rispetto. Gorizia è anche un terminale della rotta balcanica e nonostante la sospensione diSchengen è ancora un confine poroso, con queste persone, soprattutto afghani e pachistani che arrivano e hanno bisogno di prima accoglienza. Questo chiede alle nostre chiese presenza e attenzione. A Gorizia cerchiamo di rispondere con iniziative anche spontanee e molta disponibilità con l’apertura di alloggi a bassa soglia e l’impegno di molte parrocchie. Non vorrei dimenticare la forte presenza di stranieri chiamata anche per lavorare soprattutto a Monfalcone. In Italia la media dei migranti regolari è del 9% qui siamo invece al 30%, di cui la metà bengalesi. Lavorano nei cantieri che costruiscono enormi navi da crociera e questo ha generato tensioni anche perché questa forte presenza non è facile da gestire perché va progressivamente integrata

Iniziando dalla libertà religiosa...
Certamente, è un diritto costituzionale da garantire nei modi corretti, come ricordano papa Francesco e tutti i papi degli ultimi decenni perché riguarda la libertà della persona e la sua profondità. Anche questa è una lezione che viene dalla nostra storia. Perciò auspico che si superino le tensioni e che le istituzioni pubbliche garantiscano luoghi adatti per l’esercizio della libertà religiosa e che poi questa porti pace, concordia e rispetto reciproco.

Che ruolo hanno avuto le radici giudaico cristiane europee nel cammino di riconciliazione a Gorizia e Nova Goriça?

I padri fondatori dell’Europa erano laici, ma con forti radici cristiane. Se non ci fosse stata l’Ue qui avremmo ancora il filo spinato con le guardie di frontiera pronte a sparare sui fuggitivi. L’Ue con i suoi difetti ha permesso di superare queste situazioni. Guardando i conflitti attuali , la lezione della nostra storia è che non bisogna guardare ai confini ingiusti. Quello che separava le due città tagliava in due case e cimiteri. Ma è inutile fare una guerra per renderli giusti, meglio l’incontro cercando i valori condivisi che i confini li fanno superare per camminare insieme.

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