martedì 2 aprile 2024

Prete 63enne sposa una bambina di 12 anni. Ira dei fedeli: «Speriamo sia uno scherzo, la pedofilia deve essere abolita»

@ - L'età in amore non conta, ma forse fino a un certo punto. E quello che è successo in Ghana, nell'Africa occidentale, dove un prete di 63 anni ha sposato una ragazza di 12 anni, sta scatendando l'ira dei fedeli, e non solo.

Prete di 63 anni sposa una bambina di 12. Ira dei fedeli: «Speriamo sia uno scherzo, la pedofilia deve essere abolita» © Social (Facebook etc)

Il sacerdote, noto come Gborbu Wulomo e con la denominazione religiosa di Nuumo Borketey Laweh XXXIII, sabato 30 marzo ha sposato a Nunga una bambina. Un'unione che, invece di suscitare grandi emozioni, ha alzato un nugolo di polemiche da parte dei fedeli, e non solo, che si sono dichiarati totalmente contrari al matrimonio, accusando di "pedofilia" il sacercedote del loro Paese.

Il matrimonio
Secondo la tradizione del Trokosi, pratica di alcune zone del Ghana, è comune che i sacerdoti sposino delle ragazze ancora minorenni. La pratica, infatti, prevede l'offerta di giovani donnne ai sacerdoti di culti tradizionali da parte delle famiglie, con la speranza di espiare colpe (reali o presunte), quasi sempre frutto di comportamenti tenuti dai membri maschili della famiglia stessa.

Per questa ragione la piccola, che va ancora a scuola, è stata costretta a dire "" al sacerdote, il quale comunque dovrà aspettare prima di formare una famiglia con la sua nuova moglie. La tradizione, infatti, prevede che la donna debba essere sottoposta a una nuova cerimonia che le garantirà la purificazione e, soltanto dopo, potrà unirsi con il proprio marito. Quindi Gborbu Wulomo dovrà aspettare che la bambina compia 18 anni prima di avere dei rapporti sessuali con lei.

L'ira dei fedeli
Anche se questi matrimoni appartengono alla tradizione dell'Africa occidentale, in realtà sono stati diversi i fedeli e i cittadini che si sono opposti a questa unione. Nei commenti pubblicati sotto al post della pagina ufficiale di Facebook del sacerdote, molti hanno scritto: «Ci sono tante cose che non vanno in questo Paese, e questa è una di quelle! Possibile che nel 2024 le 12enni si debbano ancora sposare con degli uomini adulti?». Altri hanno continuato dicendo: «Speriamo sia uno scherzo e che le istituzioni facciano qualcosa. È giusto mantenere le nostre tradizioni, ma le bambine dovrebbero essere lasciate libere». Libere, sì, perchè nella lingua del posto Trokosi significa non solo sposa, ma anche schiava.

Le istituzioni difendono l'unione
Anche se il matrimonio tra il sacerdote e la bambina non ha ottenuto l'approvazione di gran parte degli abitanti del luogo, i religiosi di Nungua hanno difeso la celebrazione delle nozze tra i neosposi, spiegando come la bambina vada ancora a scuola, e non viva con con il prete Gborbu Wulomo. «Abbiamo celebrato il matrimonio tradizionale di questa piccola per allontanare gli altri uomini, come prevede la tradizione. È normale. Quando sarà matura, avranno il loro lieto fine».

domenica 24 marzo 2024

venerdì 22 marzo 2024

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Papa Gregorio Magno: Diritto alle cure, alla casa, all’istruzione: la C...: @ -  Poliambulatori gratuiti, case per donne in difficoltà e i loro figli, dormitori per chi non ha una casa, residenze per studenti svanta...

venerdì 16 febbraio 2024

martedì 13 febbraio 2024

Chiesa-Massoneria, dopo il divieto di Papa Francesco a Milano «storico» confronto tra il Gran Maestro e l'arcivescovo Delpini

@ - Occhi puntati sul confronto Chiesa-Massoneria organizzato all'ombra del duomo di Milano. L'arcivescovo milanese, Mario Delpini e il Gran Maestro del Grande Oriente, Stefano Bisi saranno i protagonisti di una discussione aperta su un controverso rapporto che si trascina da secoli.

Papa Clemente XII, il pontefice che firmò il primo documento contro la Massoneria
© - licenza temporanea
A due mesi dalla dichiarazione sulla assoluta incompatibilità per i cattolici a far parte di logge massoniche («Sul piano dottrinale l'iscrizione attiva è proibita a causa della inconciliabilità della dottrina») firmata da Papa Francesco alla fondazione dell'Ambrosianum è stato organizzato un evento definito “storico” dai massoni. Accanto a monsignor Mario Delpini ci saranno anche il presidente della Pontificia Accademia di Teologia monsignor Antonio Stagliano’ e il cardinale Francesco Coccopalmerio già presidente del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi. Sul sito del Grande Oriente viene spiegato che si parlerà apertamente di come la Chiesa formulò la scomunica sotto il pontificato di Clemente XII fino ad arrivare ai giorni nostri. La relazione di Bisi ha per titolo: “La Massoneria tra Ratzinger e Bergoglio”.

L'ultima condanna vaticana risale al novembre scorso. Era stata sollevata da un vescovo filippino Julito Cortes piuttosto preoccupato per il continuo aumento di fedeli iscritti alla massoneria nella sua diocesi e si rivolgeva a Roma per avere indicazioni su come affrontare il fenomeno dal punto di vista pastorale. Nel corso dei secoli i pronunciamenti sono stati diversi e sempre con accezioni negative. In tutto sono circa seicento: si va dalla bolla di scomunica 'In eminenti apostolatus specula' (1738) di Clemente XII alla importante dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1983, redatta dall'allora cardinale Ratzinger e approvata da san Giovanni Paolo II.

Una dichiarazione, quest'ultima, che ribadiva «il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina e perciò l'iscrizione ad esse rimane proibita». Anche Papa Francesco si è espresso più volte con toni critici. Parlando dei tanti santi che arricchirono la vita sociale nella Torino dell'Ottocento, Bergoglio nel 2015, durante il suo viaggio piemontese, sottolineava: «In questa terra - e questo ho detto anche alla Famiglia salesiana - alla fine dell'Ottocento c'erano le condizioni più cattive per la crescita della gioventù: c'era la massoneria in pieno, anche la Chiesa non poteva fare nulla, c'erano i mangiapreti, c'erano anche i satanisti… Era uno dei momenti più brutti e dei posti più brutti della storia d'Italia. Ma se voi volete fare un bel compito a casa, andate a cercare quanti santi e quante sante sono nati in quel tempo! Perché? Perché si sono accorti che dovevano andare controcorrente rispetto a quella cultura, a quel modo di vivere».

Sempre nel 2015, sull'Avvenire, veniva pubblicata una lettera del Gran Maestro, Bisi, che sollevava le ragioni della inconciliabilità tra Chiesa e Massoneria. L'occasione per affrontare un argomento tanto scomodo era stato un convegno organizzato dal Grande Oriente d’Italia a Siracusa al quale aveva preso la parola l'allora vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò. Bisi spiegava all'Avvenire che i massoni «non devono convincere nessuno» ma di certo la «Massoneria non potrà mai e poi mai avallare dogmi e assiomi fideistici che sono lontani dalla sua ultra secolare tradizione».

Alla lettera rispondeva l'allora direttore del giornale della Cei, Marco Tarquinio che pur lodando il dialogo chiariva che restavano due visioni opposte.Se i massoni un tempo venivano scomunicati ipso facto dalla Chiesa, con il tempo il giudizio sembra essersi un po' mitigato. Nel novembre 1983 la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicava una dichiarazione sulle logge massoniche. L'allora prefetto Joseph Ratzinger precisava che l'iscrizione costituisce obiettivamente un peccato grave e che li aderenti a una associazione massonica non possono accedere alla Santa Comunione. Da qui la convinzione che vi è una inconciliabilità di fondo fra i principi della massoneria e quelli della fede cristiana».

Le polemiche sono poi continuate con monsignor Nunzio Galantino (all'epoca segretario della Cei) che dalle pagine di Famiglia Cristiana aveva ripetuto che «tutto ciò che da singoli o gruppi attenta al bene comune a vantaggio di pochi non può essere accettato» e condannava quei preti o quei vescovi che avevano aderito alla Libera Muratoria. Immediata fu la replica di Bisi: «Quelle del segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana ci sono sembrate parole molto pesanti ed inopportune per un alto esponente del Vaticano che dovrebbe avere grande dimestichezza nel misurare il verbo con saggezza, equilibrio e estrema cautela prima di accusare in modo così eclatante e scomunicare personalmente e inutilmente la Massoneria».

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giovedì 8 febbraio 2024

L'arcivescovo di Gorizia: «L'odio tra le comunità? Non è inevitabile»

@La cultura a cavallo di un confine ha avviato cammini di pace e riconciliazione. E lo ha superato grazie al dialogo tenuto vivo anche dalle chiese con valori condivisi che hanno portato all’unità nell’Unione europea. L’8 febbraio 2025 quella cultura che ha superato i confini unendo due città divise da un muro le rende capitali europee per un anno. Può essere l’occasione per aiutare a risolvere i conflitti attuali e la questione dell’immigrazione.

L'arcivescovo di Gorizia: «L'odio tra le comunità? Non è inevitabile»© Fornito da Avvenire

È il messaggio, ripreso dalla Marcia della pace dello scorso 31 dicembre, che la chiesa di Gorizia lancia a un anno esatto dall’avvio di “Go!2025”, che vedrà per la prima volta insieme per 12 mesi come capitali europee della cultura due città confinanti , le gemelle Gorizia e Nova Goriça, appartenenti a due paesi diversi, e lacerate fino a 20 anni fa. Uno spirito di unità che nasce anche dal cammino percorso nei faticosi decenni del secolo scorso dalle comunità ecclesiali e di cui parliamo con l’arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente di Caritas italiana.
È il riconoscimento a un territorio che ha vissuto tra la Prima e la Seconda guerra mondiale divisioni e lacerazioni. Ha avuto una storia complessa che ha lasciato e strascichi dolorosi e faticosi. E che negli ultimi decenni soprattutto ha avviato un cammino di riconciliazione che ha permesso ora di avere il titolo condiviso di capitale europea della cultura, con un serie di eventi importanti che partiranno esattamente tra un anno.

Ma come è stato possibile il riavvicinamento tra due comunità, a un certo punto divise dalla politica della Guerra fredda e fisicamente anche da muri e filo spinato?

Perché la divisione non è stata così radicale. A Gorizia molte famiglia italiane infatti sono “miste”, hanno un componente di lingua e cultura slovena e viceversa. Da secoli c’era un confronto e un dialogo tra esponenti delle diverse culture. Purtroppo le due guerre hanno rotto questo aspetto, ma il legame è stato resiliente nonostante i tentativi di reciderlo.

Quali ad esempio?
Nelle case edificate nella parte di Nova Goriça costruita dopo la seconda guerra mondiale furono inviate persone provenienti da altre regioni della Jugoslavia per rendere più difficile l’accordo. Poi è stato compiuto ugualmente un cammino di riconciliazione per merito anche delle due comunità ecclesiali e l’impegno dei sindaci negli anni 70 e 80 che continuavano a incontrarsi nonostante la divisione. Importanti anche i lavori successivi degli storici nel ricostruire una memoria non sempre condivisa, ma più oggettiva e accolta da entrambe le parti.

Prima la marcia della pace organizzata da Pax Christi, Caritas italiana e dall’arcidiocesi il 31 dicembre 2023, poi tra un anno esatto l’avvio dell’anno come capitali europee della cultura. Che messaggio si vuole lanciare?

Il fatto che la marcia della pace dell’ultimo dell’anno sia stata transfrontaliera e si sia conclusa nella concattedrale di Nova Goriça dopo aver percorso i luoghi simbolo delle due guerre è un unicum che intendiamo ribadire. Nel 2025 la nostra diocesi e quella di Capodistria, da cui dipende Nova Goriça e con la quale abbiamo un’ottima collaborazione, tenteranno di far sì che questo evento non sia solo una manifestazione culturale e turistica con tanti eventi molto interessanti. Non ci si dimentichi che siamo a cavallo di un confine, su una terra segnata da fatiche e difficoltà che può essere un segno di pace. Come chiesa insisteremo con diverse iniziative per dare un segnale forte. Le due diocesi hanno fatto approvare ad esempio il bando per un cammino da Aquileia e al Santuario sloveno di Seta Gora, Monte Santo perun discorso di pace.

Che ruolo ha avuto la fede cristiana nell’unire le due comunità?
Ha aiutato molto perché la diocesi di Gorizia è addirittura trilingue. La fede comune ha aiutato percorsi anche eroici di perdono e riconciliazione.Storie come quella di un sacerdote ormai defunto di lingua slovena fuggito da questa parte a alla cui famiglia i partigiani titini avevano inferto lutti e violenze. Sua mamma gli disse che gli avrebbe dato il permesso di diventare prete solo se avesse perdonato. E c’è ancora l’associazione “Concordia et pax” il cui presidente è figlio di un italiano infoibato che ha tento di ricordare i caduti da ambo le parti avviando percorsi di riconciliazione.

Gorizia è definita da San Giovanni Paolo II porta d’Europa per chi proviene dai Balcani. E nella stessa piazza Transalpina (Piazza Europa per gli sloveni) una pietra ricorda che lì iniziano idealmente l’occidente latino e l’oriente slavo. Lancerete un messaggio sull’immigrazione?

Si, di accoglienza e rispetto. Gorizia è anche un terminale della rotta balcanica e nonostante la sospensione diSchengen è ancora un confine poroso, con queste persone, soprattutto afghani e pachistani che arrivano e hanno bisogno di prima accoglienza. Questo chiede alle nostre chiese presenza e attenzione. A Gorizia cerchiamo di rispondere con iniziative anche spontanee e molta disponibilità con l’apertura di alloggi a bassa soglia e l’impegno di molte parrocchie. Non vorrei dimenticare la forte presenza di stranieri chiamata anche per lavorare soprattutto a Monfalcone. In Italia la media dei migranti regolari è del 9% qui siamo invece al 30%, di cui la metà bengalesi. Lavorano nei cantieri che costruiscono enormi navi da crociera e questo ha generato tensioni anche perché questa forte presenza non è facile da gestire perché va progressivamente integrata

Iniziando dalla libertà religiosa...
Certamente, è un diritto costituzionale da garantire nei modi corretti, come ricordano papa Francesco e tutti i papi degli ultimi decenni perché riguarda la libertà della persona e la sua profondità. Anche questa è una lezione che viene dalla nostra storia. Perciò auspico che si superino le tensioni e che le istituzioni pubbliche garantiscano luoghi adatti per l’esercizio della libertà religiosa e che poi questa porti pace, concordia e rispetto reciproco.

Che ruolo hanno avuto le radici giudaico cristiane europee nel cammino di riconciliazione a Gorizia e Nova Goriça?

I padri fondatori dell’Europa erano laici, ma con forti radici cristiane. Se non ci fosse stata l’Ue qui avremmo ancora il filo spinato con le guardie di frontiera pronte a sparare sui fuggitivi. L’Ue con i suoi difetti ha permesso di superare queste situazioni. Guardando i conflitti attuali , la lezione della nostra storia è che non bisogna guardare ai confini ingiusti. Quello che separava le due città tagliava in due case e cimiteri. Ma è inutile fare una guerra per renderli giusti, meglio l’incontro cercando i valori condivisi che i confini li fanno superare per camminare insieme.