@ - Un ampio studio svolto in Israele su oltre 80 mila persone vaccinate ha confermato il calo dell’efficacia vaccinale. A sei mesi il tasso di positività tra i vaccinati è al 15,5%.
Che i vaccini anti Covid non siano neutralizzanti e l’immunità cali con il passare del tempo è documentato da numerosi studi. Una ricerca appena pubblicata sul British Medical Journal condotta su 80 mila persone in Israele, uno dei primi Paesi al mondo a cominciare la campagna vaccinale ma che ha visto una ripresa delle infezioni nel dicembre 2020, conferma questa la tendenza. 7
È emerso che il vaccino Pfizer fornisce un’eccellente protezione nelle prime settimane dopo la vaccinazione, ma il rischio di contagio per i vaccinati in tutte le classi di età comincia ad aumentare a 90 giorni dalla seconda dose e cresce sempre di più man mano che trascorre il tempo.
I risultati
Lo studio è stato portato avanti dai ricercatori dei Leumit Health Services e si basa sull’esame delle cartelle cliniche elettroniche di 83.057 adulti (età media 44 anni) che tra maggio e settembre sono stati sottoposti a tampone molecolare almeno tre settimane dopo la seconda dose di vaccino e che in precedenza non avevano mai manifestato segni dell’infezione da SarsCoV2. Sono stati esclusi coloro che avevano contratto il Covid prima dello studio e chi aveva già fatto la terza dose di vaccino.
Dai risultati emerge che 7.973 partecipanti (il 9,6% del totale) è risultato positivo al tampone, quasi tutti con variante Delta. L’analisi dimostra che, dopo la seconda dose di vaccino, il tasso di positività cresce col passare del tempo: è pari a
- 1,3% tra 21 e 89 giorni,
- 2,4% tra 90 e 119 giorni,
- 4,6% tra 120 e 149 giorni,
- 10,3% tra 150 e 179 giorni
- 15,5% dopo 180 giorni.
Rispetto ai primi 90 giorni dalla seconda dose di vaccino, il rischio di infezione è 2,37 volte più alto dopo 90-119 giorni, 2,66 volte più alto dopo 120-149 giorni e 2,82 volte più alto oltre i 150 giorni.
I ricercatori riconoscono che l’interpretazione dei dati è limitata dal disegno osservazionale dello studio e che non è possibile escludere l’influenza di altri fattori non considerati nell’analisi come il ceppo virale, il numero di familiari conviventi e la densità di popolazione. L’analisi è stata progettata per stimare l’effetto del tempo trascorso dalla vaccinazione sul rischio di contagio e non ha valutato la gravità di queste infezioni «rivoluzionarie» in termini di necessità di ricovero ospedaliero, ventilazione meccanica, mortalità.
In ogni caso lo studio è stato condotto su un numero ampio di persone che hanno ricevuto lo stesso vaccino, dunque i risultati sono abbastanza robusti per concludere che la protezione indotta dalle due dosi di vaccino di Pfizer-BioNTech cala nel tempo e il rischio di contagio aumenta progressivamente dopo i primi tre mesi. I risultati suggeriscono che potrebbe essere giustificata la considerazione di una terza dose di vaccino in tempi ravvicinati. In Italia è stato appena deciso di procedere con la terza dose per tutti gli over 18 a distanza di almeno 5 mesi dalla seconda dose.
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