@ - Il momento internazionale è più complesso di quanto si possa immaginare e si stanno verificando fatti nuovi e inattesi, come la visita del Papa in Turchia e Libano. Vediamo di capire cosa si prefiggeva di ottenere il Pontefice, al di là delle motivazioni ufficiali. L’occasione era il 1700esimo anniversario del primo concilio, tenutosi a Nicea (greco Nikaya, latino Nicaea), in Turchia, città che ora si chiama Iznik, situata in Asia Minore, sulle rive del lago Ascanio.
Papa Leone XIV in preghiera nel luogo dell'esplosione del porto di Beirut del 2020
Questo Concilio costituisce tuttora una pietra miliare per la Chiesa, poiché definì i canoni del “credo”, in particolare furono fissati i principi immutabili della dottrina trinitaria del “Padre” celeste; segnò, infine, la plastica divisione tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente.
I motivi della visita di Papa Leone XIV in Turchia
Il Papa cattolico è andato di persona da Bartolomeo, Patriarca greco di Costantinopoli (oggi Istanbul), col quale ha celebrato la messa conclusiva del suo viaggio in Turchia, con l’intento di avviare una riconciliazione tesa a ripristinare l’unità dei cristiani. Questa è la motivazione ufficiale, ma il Papa ha voluto dare dei segnali importanti che trascendono le apparenze. Innanzi tutto ha ricordato che i cattolici in Turchia nei secoli addietro superavano abbondantemente i due milioni, mentre oggi sono ridotti a circa trecentomila, poi non è stato a visitare la basilica di S. Sofia, trasformata da Erdogan in moschea, ma al contempo ha voluto sanare la frattura innescata da Francesco proprio all’atto della trasformazione, che per la Chiesa è stata quasi un’umiliazione. Ha concluso la visita in Turchia entrando, però, nella “moschea blu”, dove, invitato a pregare dall’Imam, si è rifiutato di farlo, mantenendo la schiena dritta e la distanza tra le due confessioni religiose e distaccandosi dalla “continuità con Francesco”, che invece lo aveva fatto, come dire che ha usato il bastone e la carota. Ha avuto dei momenti “privati” di incontro con Erdogan e in questi “colloqui a quattr’occhi” si suppone che abbia avuto modo di ricordare al “nuovo sultano” che la Turchia è l’erede dell’Impero che ha massacrato gli Armeni e i Curdi, compiendo veri “genocidi”, al confronto dei quali la fake di Gaza impallidisce.
Turchia, un ponte tra due continenti
Cosa ha ricavato la Turchia da questo “viaggio apostolico” è presto detto, perché Erdoğan ha visto rafforzato il suo ruolo sullo scacchiere mediorientale, prendendosi tutta la scena, come unico interlocutore spendibile dal mondo musulmano nei confronti della Chiesa di Roma, proprio ora che questa è materialmente minacciata dall’Islam radicale. Il Pontefice l’ha anche assecondato in questa proposta di “ruolo”, perché ha definito la Turchia come “ponte” tra due continenti. È lecito pensare che dall’alto della sua cultura, inoltre, Leone XIV abbia ricordato che in Turchia c’è il monte Ararat, dove si depositò l’Arca di Noè dopo il diluvio, avviando di fatto la nascita di una seconda umanità. In Turchia, peraltro, alcuni studiosi hanno individuato tracce di una specie umana molto simile all’homo sapiens.
La Turchia è vista come un camaleonte o come un’Hydra (di Lerna) a più teste, poiché mantiene ottimi rapporti con la Russia di Putin e con l’Ungheria di Orbán, ha favorito la caduta del siriano Assad, aiutando militarmente Al Jolani, fa parte della NATO ed ha un passepartout per l’Europa, dove le squadre turche partecipano a tutte le competizioni sportive dei campionati europei, appunto; infine ha l’esercito più numeroso e meglio armato dell’intera zona, oltre a controllare lo stretto dei Dardanelli, porta d’accesso al Mar Mediterraneo, perché collega il Mar di Marmara al Mar Egeo. Questi “privilegi” sono stati esibiti in questa visita, che ha dato ad Erdogan una visibilità straordinaria.
Il fine viaggio in Libano
Il viaggio del Papa si è concluso in Libano, dove ha incontrato il Presidente Aoun, i cristiani maroniti e quei pochi cattolici rimasti. Come riportato dal quotidiano “La Stampa” di domenica 30 novembre, ad attenderlo c’era anche una delegazione di Hezbollah, senza la propria bandiera, per manifestare la richiesta di “fermare” Israele; da Sky tg 24 delle ore 17.30 di domenica 30 novembre si è appreso che la delegazione di Hezbollah, non essendo stata ricevuta, ha manifestato le sue richieste con una lettera ufficiale. Questo tentativo di apparizione del gruppo terrorista sciita non desta particolare stupore, perché nel solco dell’ambiguità mediorientale, questo gruppo (ben) armato siede anche nel parlamento libanese, né il Pontefice aveva il potere di manifestare gradimento alcuno, dal momento che lo stesso Presidente libanese non ha potuto imporre la loro “non presenza”.
Da notare che ha saltato a piè pari la Cisgiordania per due motivi; il primo è che non ha voluto dare enfasi all’attuale leadership palestinese e non ha voluto apportare una plusvalenza di pubblicità ad un problema che sta distruggendo le città europee, in particolare quelle italiane, che ormai da mesi sono aggredite e devastate dai manifestanti pro-Pal, che continuano ad occupare ogni spazio distogliendo l’attenzione da tutti gli altri problemi. Il viaggio in Libano era in sordina rispetto a quello in Turchia, ma, anche qui, il Papa ha usato la sua innata diplomazia per ribadire che lo Stato Libanese deve essere governato dai cristiani, non essendoci una classe politica musulmana in grado di sostituirsi a quella. Insomma, per gli arabi è una bella legnata inferta con le arti magiche della Curia Vaticana che Francesco, invece, aveva quasi snobbato e sottomesso.
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