giovedì 30 maggio 2024

Bollate carcere modello per inserimento professionale: lavorano due detenuti su tre

@ - Oltre 350 persone sono occupate presso l’amministrazione penitenziaria e più di 500 per aziende esterne: la casa di reclusione milanese vanta numeri da record.


Bollate è il carcere più inclusivo d’Italia: nell’istituto lombardo lavorano due detenuti su tre. I numeri sono da record: su una popolazione di 1.200 reclusi, 350 persone sono occupate presso l’amministrazione penitenziaria e più di 500 per aziende esterne. Grazie a un modello di gestione innovativo, il carcere alle porte di Milano è diventato un esempio per l’inserimento lavorativo dei suoi ospiti.

Bollate carcere da record per detenuti al lavoro
Dopo un periodo di formazione, gran parte dei detenuti di Bollate svolgono attività regolarmente remunerate in tantissimi settori: l’industria manifatturiera, l’edilizia, l’agricoltura, la moda e la sartoria, l’hotellerie, l’industria alimenti e bevande. Il lavoro è dentro e fuori. In 350 sono assunti dall’amministrazione penitenziaria e dalle aziende che hanno scelto di portare parte dell’attività nell’area industriale dell’istituto.

Portano lavoro interno alla struttura le cooperative Abc – La sapienza in tavola (il servizio di catering e gestione del ristorante InGalera), Cascina Bollate (vivai, piante ornamentali, cura dei giardini), CooperativAlice (sartoria, produzione e vendita di abbigliamento), DC – Lab di Baranzate (rigenerazione di macchine da caffè), la vetreria Paci e Zerografica che si occupa di brochure, cataloghi, biglietti da visita, calendari e cartoleria. Senza dimenticare le nuove tecnologie sviluppate da Universo e Bee 4 – Altre menti.

La maggior parte dei detenuti attivi nel mondo del lavoro è assunto da aziende esterne, ai sensi dell’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario oppure in semi libertà. L’inserimento è possibile grazie ai contatti con le singole imprese, ai progetti finalizzati all’inserimento sociale e a convenzioni e borse lavoro comunali e regionali gestite dal Celav (il Centro di Mediazione al Lavoro) e dalla cooperativa Aei.

“Dietro questi risultati e riconoscimenti, c’è il lavoro di tutti coloro che quotidianamente si impegnano per rendere Bollate un carcere d’eccellenza – spiega il direttore Giorgio Leggieri –. In particolare, penso allo sforzo del personale di polizia penitenziaria, che ha adottato un modello di sicurezza fondato sulla conoscenza delle persone e sul rapporto diretto con i datori di lavoro”.
Bollate carcere modello per detenuti lavoratori

La casa di reclusione di Bollate investe nelle attività professionali considerandole un’esperienza normalizzante con l’obiettivo di costruire un futuro in un luogo che senza rieducazione e opportunità rischia di diventare alienante. Scontare la pena lavorando permette anche alle casse pubbliche di risparmiare sulle spese di mantenimento e alla comunità di essere più sicura: si calcola che nel 98% dei casi un carcerato che impara un mestiere smette di delinquere quando torna in libertà.

“I numeri ci confermano che siamo un modello di riferimento per la gestione di una pena utile in forte interazione con il territorio e il sistema delle imprese in un momento storico critico per il sensibile incremento di presenze negli istituti penitenziari e per i problemi gestionali che ne derivano – conclude Leggieri –. La capacità di trarre dall’esperienza traumatica della detenzione un’opportunità di interrompere biografie che sembrano già scritte è la sfida che professionalmente e umanamente ci guida ogni giorno”.

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