mercoledì 3 dicembre 2025

Papa Leone XIV, la bella legnata agli arabi e i retroscena del viaggio in Turchia e Libano

 @ - Il momento internazionale è più complesso di quanto si possa immaginare e si stanno verificando fatti nuovi e inattesi, come la visita del Papa in Turchia e Libano. Vediamo di capire cosa si prefiggeva di ottenere il Pontefice, al di là delle motivazioni ufficiali. L’occasione era il 1700esimo anniversario del primo concilio, tenutosi a Nicea (greco Nikaya, latino Nicaea), in Turchia, città che ora si chiama Iznik, situata in Asia Minore, sulle rive del lago Ascanio.

Papa Leone XIV in preghiera nel luogo dell'esplosione del porto di Beirut del 2020

Questo Concilio costituisce tuttora una pietra miliare per la Chiesa, poiché definì i canoni del “credo”, in particolare furono fissati i principi immutabili della dottrina trinitaria del “Padre” celeste; segnò, infine, la plastica divisione tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente.

I motivi della visita di Papa Leone XIV in Turchia

Il Papa cattolico è andato di persona da Bartolomeo, Patriarca greco di Costantinopoli (oggi Istanbul), col quale ha celebrato la messa conclusiva del suo viaggio in Turchia, con l’intento di avviare una riconciliazione tesa a ripristinare l’unità dei cristiani. Questa è la motivazione ufficiale, ma il Papa ha voluto dare dei segnali importanti che trascendono le apparenze. Innanzi tutto ha ricordato che i cattolici in Turchia nei secoli addietro superavano abbondantemente i due milioni, mentre oggi sono ridotti a circa trecentomila, poi non è stato a visitare la basilica di S. Sofia, trasformata da Erdogan in moschea, ma al contempo ha voluto sanare la frattura innescata da Francesco proprio all’atto della trasformazione, che per la Chiesa è stata quasi un’umiliazione. Ha concluso la visita in Turchia entrando, però, nella “moschea blu”, dove, invitato a pregare dall’Imam, si è rifiutato di farlo, mantenendo la schiena dritta e la distanza tra le due confessioni religiose e distaccandosi dalla “continuità con Francesco, che invece lo aveva fatto, come dire che ha usato il bastone e la carota. Ha avuto dei momenti “privati” di incontro con Erdogan e in questi “colloqui a quattr’occhi” si suppone che abbia avuto modo di ricordare al “nuovo sultano” che la Turchia è l’erede dell’Impero che ha massacrato gli Armeni e i Curdi, compiendo veri “genocidi”, al confronto dei quali la fake di Gaza impallidisce.

Turchia, un ponte tra due continenti

Cosa ha ricavato la Turchia da questo viaggio apostolico” è presto detto, perché Erdoğan ha visto rafforzato il suo ruolo sullo scacchiere mediorientale, prendendosi tutta la scena, come unico interlocutore spendibile dal mondo musulmano nei confronti della Chiesa di Roma, proprio ora che questa è materialmente minacciata dall’Islam radicale. Il Pontefice l’ha anche assecondato in questa proposta di “ruolo”, perché ha definito la Turchia come “ponte” tra due continenti. È lecito pensare che dall’alto della sua cultura, inoltre, Leone XIV abbia ricordato che in Turchia c’è il monte Ararat, dove si depositò l’Arca di Noè dopo il diluvio, avviando di fatto la nascita di una seconda umanità. In Turchia, peraltro, alcuni studiosi hanno individuato tracce di una specie umana molto simile all’homo sapiens.

La Turchia è vista come un camaleonte o come un’Hydra (di Lerna) a più teste, poiché mantiene ottimi rapporti con la Russia di Putin e con l’Ungheria di Orbán, ha favorito la caduta del siriano Assad, aiutando militarmente Al Jolani, fa parte della NATO ed ha un passepartout per l’Europa, dove le squadre turche partecipano a tutte le competizioni sportive dei campionati europei, appunto; infine ha l’esercito più numeroso e meglio armato dell’intera zona, oltre a controllare lo stretto dei Dardanelli, porta d’accesso al Mar Mediterraneo, perché collega il Mar di Marmara al Mar Egeo. Questi “privilegi” sono stati esibiti in questa visita, che ha dato ad Erdogan una visibilità straordinaria.

Il fine viaggio in Libano

Il viaggio del Papa si è concluso in Libano, dove ha incontrato il Presidente Aoun, i cristiani maroniti e quei pochi cattolici rimasti. Come riportato dal quotidiano “La Stampa” di domenica 30 novembre, ad attenderlo c’era anche una delegazione di Hezbollah, senza la propria bandiera, per manifestare la richiesta di “fermare” Israele; da Sky tg 24 delle ore 17.30 di domenica 30 novembre si è appreso che la delegazione di Hezbollah, non essendo stata ricevuta, ha manifestato le sue richieste con una lettera ufficiale. Questo tentativo di apparizione del gruppo terrorista sciita non desta particolare stupore, perché nel solco dell’ambiguità mediorientale, questo gruppo (ben) armato siede anche nel parlamento libanese, né il Pontefice aveva il potere di manifestare gradimento alcuno, dal momento che lo stesso Presidente libanese non ha potuto imporre la loro “non presenza”.

Da notare che ha saltato a piè pari la Cisgiordania per due motivi; il primo è che non ha voluto dare enfasi all’attuale leadership palestinese e non ha voluto apportare una plusvalenza di pubblicità ad un problema che sta distruggendo le città europee, in particolare quelle italiane, che ormai da mesi sono aggredite e devastate dai manifestanti pro-Pal, che continuano ad occupare ogni spazio distogliendo l’attenzione da tutti gli altri problemi. Il viaggio in Libano era in sordina rispetto a quello in Turchia, ma, anche qui, il Papa ha usato la sua innata diplomazia per ribadire che lo Stato Libanese deve essere governato dai cristiani, non essendoci una classe politica musulmana in grado di sostituirsi a quella. Insomma, per gli arabi è una bella legnata inferta con le arti magiche della Curia Vaticana che Francesco, invece, aveva quasi snobbato e sottomesso.

domenica 21 settembre 2025

giovedì 4 settembre 2025

venerdì 29 agosto 2025

lunedì 25 agosto 2025

venerdì 15 agosto 2025

Che un brivido sia salito sulla schiena di Vladimir Putin è più che verosimile.

 @Nonostante il passato e il presente del leader russo non lasci molto spazio agli scrupoli, toccare con mano che Unione Europea e Stati Uniti siano compatti alla vigilia di un vertice chiave, di certo non gli ha fatto piacere.

Putin accerchiato mischia le carte. "Accordo nucleare il passo per la pace"

Perché va bene gonfiare il petto, dimostrarsi intransigente e continuare a bombardare a spron battuto, però se tutti sono contro lui, a un certo punto, magari proprio questo punto, persino lui potrebbe essere costretto ad abbassare la cresta. Non a caso, dopo giorni di silenzio, in cui dal suo entourage filtravano tensione e malumore, lo Zar è tornato a parlare, come sempre non a caso. Un messaggio velato qua, una minaccia là. Come al solito nel suo stile. "L'amministrazione Trump fa sforzi efficaci per porre fine alle ostilità in Ucraina", ha detto in quella che sembra a tutti gli effetti una lisciata di pelo al presidente americano. Cui segue il solito rialzo di posta: "Una pace verrà raggiunta se Russia e Usa riusciranno ad arrivare a un accordo sulle armi nucleari".

Un tema mai discusso prima, utile a Putin per spostare l'attenzione dal vero motivo del contendere e, al tempo stesso, cercare di riprendere tra le mani lo scettro del potere che sembra in tutto e per tutto nel pieno controllo di Trump, in un gioco di forza in cui nessuno vuole essere numero due. Ci prova Putin, consapevole che se tutti si schierano per davvero contro di lui, allora può mettersi male. E dopo le minacce di Washington e la ritrovata unità dell'Europa, ecco che qualcosa Putin deve inventarsi, perlomeno per prendere altro tempo. Per questo, prima della partenza per l'Alaska, ha riunito i massimi esponenti del suo cerchio magico per studiare la strategia più efficace da mettere in campo. Con lui in Alaska ci saranno tre ministri e due consiglieri presidenziali. La delegazione sarà composta dal consigliere del Cremlino Yuri Ushakov, il consigliere per gli investimenti stranieri Dmitriev e i ministri degli Esteri Lavrov, della Difesa Belousov e delle finanze Siluanov. Dimostrazione di come lo Zar voglia ampliare la discussione con Trump su altri argomenti, specialmente di tipo economico, per cercare di insinuarsi là dove Trump potrebbe essere più sensibile.

Lo conferma il fatto che alla vigilia abbia parlato anche lo stesso Dmitriev, l'amministratore delegato del Fondo russo per gli investimenti diretti, l'uomo che tiene in mano i conti della Russia. E non a caso ha detto che il vertice Trump-Putin "è un'opportunità per ripristinare le relazioni trai due Paesi. Penso che il dialogo sia molto importante e penso che sia un incontro molto positivo per il mondo perché durante l'amministrazione Biden non c'era dialogo", ha spiegato, facendo intendere chiaramente che un potenziale accordo economico tra Washington e Mosca potrebbe essere all'ordine del giorno. Ma nel frattempo, il portavoce del Cremlino si è affrettato a chiarire che non ci sarà nessuna dichiarazione scritta congiunta tra i due leder, spiegando che ci sarà comunque una conferenza stampa congiunta, fatto su cui invece Trump non sembra concordare. Peskov ha voluto sottolineare che "al momento stiamo parlando delle discussioni fra Russia e Stati Uniti, stiamo parlando di un vertice russo-americano", per far notare l'esclusione, almeno momentanea, di Kiev dal tavolo. Un modo per gonfiare, ancora, il petto in pieno stile russo. Anche se è chiaro che tanto, se non tutto, dipenderà dalle mosse di Trump. E che se l'Occidente confermasse la propria unità, Putin potrebbe trovarsi presto spalle al muro.

lunedì 11 agosto 2025

sabato 26 luglio 2025

Papa Gregorio Magno: RICORDANDO IL Codice di Camaldoli -

Papa Gregorio Magno: RICORDANDO IL Codice di Camaldoli -:   RICORDANDO IL Codice di Camaldoli - ………. chi erano i firmatari? I firmatari del Codice di Camaldoli erano un gruppo di intellettuali di f...

sabato 28 giugno 2025

Bimbi di 6 e 9 anni trovati in un casale isolato a Lauriano: vivevano come selvaggi, ancora col pannolino

@ -  Vivevano come fantasmi tra i boschi di Lauriano, nel Torinese. Due fratellini di 6 e 9 anni, un maschio e una femmina, sono stati scoperti dai carabinieri all’interno di un casale sperduto tra le colline, completamente isolati dal mondo. Non avevano documenti, non erano mai stati registrati all’anagrafe, non sapevano leggere né scrivere.

Bimbi di 6 e 9 anni trovati in un casale isolato a Lauriano: 
vivevano come selvaggi, ancora col pannolino

Per lo Stato italiano, semplicemente, non erano mai esistiti.

Il ritrovamento è avvenuto per caso, a seguito dell’alluvione che ha colpito la zona nel mese scorso. La sindaca del paese, Mara Baccolla, aveva firmato un’ordinanza di sgombero per alcune abitazioni considerate a rischio. Quando i carabinieri si sono presentati in quel cascinale per notificare il provvedimento, si sono trovati davanti a una scena sconcertante: due bambini in gravi condizioni igieniche, entrambi ancora con il pannolino nonostante l’età, incapaci di parlare in modo articolato, chiusi in un isolamento quasi totale. Insieme a loro, i genitori: un uomo di 54 anni, scultore olandese residente da almeno tre anni proprio a Lauriano, e una donna di 38 anni, anch’ella olandese, ma senza fissa dimora ufficiale.

Ai militari, il padre ha raccontato che i bambini erano arrivati in Italia solo da un paio di settimane e che stavano seguendo un percorso di istruzione parentale. Sosteneva inoltre che avessero giochi, stimoli e tutto il necessario per crescere. Ma la realtà emersa è stata ben diversa: nessuna traccia nei registri anagrafici italiani, nessun contatto con la scuola, nessuna prova di un’educazione adeguata. Soltanto una vita ai margini, in condizioni di abbandono materiale ed emotivo.

Le parole del padre non sono bastate a convincere le autorità. Il Tribunale per i Minorenni di Torino, dopo aver esaminato le relazioni degli assistenti sociali e dei carabinieri, ha disposto l’immediato allontanamento dei minori dai genitori. "Dalla segnalazione e dalle relazioni informative – scrive il collegio – risultano fatti tali da far pensare che i minori siano privi di idonea assistenza da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi".

Nel provvedimento si evidenzia come la madre fosse completamente assente nella gestione familiare e come il padre li avesse cresciuti in uno stato di isolamento, incuria e totale mancanza di stimoli. Alla luce di queste considerazioni, i giudici hanno stabilito il collocamento dei due bambini in comunità, sotto la tutela del Ciss di Chivasso, in attesa di individuare una famiglia affidataria o, in mancanza, un’accoglienza stabile in una casa-famiglia. Sono anche stati previsti incontri con i genitori in luoghi neutri e controllati, nel rispetto dei diritti di tutti.

Una storia drammatica, che ha scosso l’intera comunità. "È una vicenda molto delicata – ha dichiarato la sindaca Baccolla –. L’aspetto che più ci preoccupa, ora, è che questi bambini possano finalmente trovare un equilibrio e avere accesso a una vita degna di questo nome".

Dietro il silenzio e l’invisibilità di quei due fratellini si nasconde una delle più dure realtà dell’emarginazione: quella che si consuma lontano dai radar della società, ai margini della legalità, nell’apparente quiete di un casale in collina. Oggi quei bambini hanno finalmente un nome, una tutela, e forse, una possibilità di rinascita.